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Matthew Stewart, Il cortigiano e l'eretico. Leibniz, Spinoza e il destino di Dio nel mondo moderno

 

 

recensione di Francesco Verde

 

Nella Prefazione alla sua celeberrima Storia della filosofia (Torino 1974, I, p. XXI) Nicola Abbagnano scriveva che in ogni filosofia «si è incarnata ed espressa la persona del filosofo, non solo in ciò che aveva di più suo, nella singolarità della sua esperienza di pensiero e di vita, ma nei suoi rapporti con gli altri e col mondo in cui egli visse. E alla persona dobbiamo rivolgerci per riscoprire il senso vitale di ogni dottrina». La dirimente importanza che Abbagnano attribuiva alla persona del filosofo e alle sue interazioni è fatta propria da Matthew Stewart in questo libro in cui viene descritto un periodo difficile, gli anni immediatamente successivi alla Pace di Westfalia, reso ancor più complesso da due figure del massimo carisma filosofico, Spinoza e Leibniz. Il volume si compone di diciassette capitoli, le conclusioni e una breve bibliografia; lo stile di Stewart, autore poco noto che ha studiato filosofia ad Oxford, è certamente gradevole e capace di attrarre l’attenzione del lettore sulle vicende esposte. Il cortigiano e l’eretico senza dubbio non si distingue per originalità, come ammette lo stesso autore, tuttavia, sebbene risulti piuttosto celato al grande pubblico, vi è un particolare livello storico-filosofico in cui la posizione di Stewart si differenzia dalle altre. Il tema centrale del libro si fonda in sostanza su una data capitale, quell’autunno del 1676 quando Leibniz incontra Spinoza; secondo Stewart si tratta di un momento di centrale importanza per lo sviluppo della filosofia leibniziana.

Il fatto che Stewart sottolinei con vigore come non sia possibile comprendere fino in fondo il pensiero dell’autore dei Nuovi Saggi – nei quali, secondo Stewart, dietro la gnoseologia di Locke si celerebbe almeno in parte lo “spettro” di Spinoza – senza riferirsi al costante confronto con il pensiero di Spinoza – in particolare con lo Spinoza del Tractatus theologicus politicus e dell’Ethica – non è cosa di poco conto. In effetti Stewart assume una posizione intermedia rispetto ad almeno due opere ormai divenute di riferimento; si tratta dello studio di Ludwig Stein, Leibniz und Spinoza: Ein Beitrag zur Entwicklungsgeschichte der leibnizischen Philosophie (Berlin 1890) e del contributo di Georges Friedmann, Leibniz et Spinoza (Paris 1962). Mentre Stein rileva come Leibniz sia stato fondamentalmente un (filo)spinoziano, almeno in un periodo della sua esistenza, tra il 1677 e il 1679, Friedmann, confutando alcuni degli argomenti proposti da Stein a sostegno della sua tesi, afferma che Leibniz giunse alle conclusioni centrali del suo pensiero prima di stringere contatto con Spinoza. Come si diceva in precedenza, Stewart è convinto del fatto che sia estremamente semplicistico abbracciare la tesi di Stein o quella di Friedmann; occorre infatti riflettere sulla profonda interazione fra Leibniz e Spinoza, senza per questo destituire il pensiero leibniziano della sua indiscussa originalità e profondità.

Per questa ragione Stewart è del parere che non è possibile pensare che Spinoza non abbia contato affatto per Leibniz; si tratta, insomma, di un rapporto che probabilmente non sarebbe sbagliato, con tutti i caveat che il caso impone, definire “dialettico”. E la questione centrale su cui fondamentalmente verte tale relazione dialettica è proprio la natura sostanziale di Dio che assume contorni specificamente diversi (se non opposti) nella riflessione dei due massimi filosofi. Nonostante Stewart enfatizzi la decisività della questione teologica per la corretta comprensione del rapporto fra i due, l’originalità del volume è ben visibile nel presentare Spinoza più che come un ‘razionalista’ o un ‘metafisico’, come un filosofo della morale e della politica. Ciò significa che il mutamento di accento posto da Stewart ancora una volta non è di poco conto, soprattutto nei confronti della reiterata manualistica che se, da un lato, attribuisce la “casacca” di razionalista a Spinoza, dall’altro, descrive Leibniz prescindendo il più delle volte dal suo rapporto con Spinoza.

In conclusione il libro di Stewart che Feltrinelli ha da poco mandato nelle librerie è senza dubbio un volume divulgativo, utile soprattutto a chi non possiede una conoscenza salda e approfondita del pensiero filosofico del pieno Seicento. Certamente sussistono alcuni punti che necessiterebbero di un maggiore approfondimento storiografico e dunque di una più adeguata tematizzazione; da un lato, infatti, sarebbe il caso di limitare nel testo l’eccessiva preponderanza data alla narrazione – sempre comunque documentata – della vita dei due filosofi; ciò, infatti, produce una sensibile (e a tratti fastidiosa) diminuzione di quelle parti in cui l’autore si sarebbe dovuto occupare in maniera più puntuale e fruibile dei contenuti filosofici del pensiero dei due filosofi che sono alla base della sua interpretazione. Inoltre, nonostante la ricostruzione del ‘problema teologico’ affrontato da Spinoza e Leibniz con esiti diversi compaia intenzionalmente nel sottotitolo del volume, è pur vero che nel testo si riscontra –  sorprendentemente – l’assenza di Pascal, autore che, ovviamente, ha contribuito – e non poco – a definire i caratteri peculiari e imprescindibili della riflessione filosofica dell’epoca. Tra l’altro, nelle poche pagine che Stewart dedica alla fortuna di Spinoza, pur menzionando la fondamentale esegesi che dello spinozismo diede Lessing, tralascia di ricordare la polemica sull’ateismo della filosofia di Fichte che se, da un lato, incendiò au pied de la lettre la Germania fra il 1798 e il 1800, dall’altro, fece sì che pensatori come Jacobi e Reinhold si interrogassero ancora sul “pesante fardello” dell’eredità di Spinoza. Ma certamente il fatto che Stewart chiarisca come la piena comprensione dell’interazione dialettica fra i due filosofi passi necessariamente attraverso il dibattito sulla sostanzialità di Dio e come il nucleo iniziale e finale della riflessione spinoziana e del pensiero leibniziano sia fondamentalmente teologico contribuisce a rendere ancora più cogente l’inesausta questione circa la ‘modernità’ della filosofia moderna.

 

Stewart, Matthew, Il cortigiano e l’eretico. Leibniz, Spinoza e il destino di Dio nel mondo moderno, Feltrinelli, Milano 2007, pp. 327 € 25

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