Alla Cambridge University Library è conservato un vero e proprio “tesoro darwiniano” – un’autentica montagna di manoscritti che ben giustifica la leggenda di un Darwin “grafomane”. Era dunque più che prevedibile che una pubblicazione come la presente giungesse dalla Cambridge University Press. A curarla, uno storico della scienza e studioso di Darwin di tutto rispetto quale John van Wyhe, già co-curatore dei Charles Darwin’s Notebooks, 1836-1844 e responsabile nel 2002 del lancio del Darwin Online, l’archivio web delle pubblicazioni del naturalista inglese.
Non tutte le shorter publications disponibili online sono tuttavia state incluse nel volume. Ad esempio, la raccolta esclude proprio quella che a oggi risulta essere la primissima pubblicazione di Darwin, vale a dire That the Ova of Flustra possess Organs of Locomotion, una comunicazione presentata alla Plinian Society il 16 marzo 1827 in seguito ad alcune osservazioni compiute da un Darwin giovanissimo nella baia di Edimburgo. La selezione degli scritti ha seguito, in ogni caso, alcuni criteri di massima: sono stati esclusi i saggi pubblicati in altre opere, ad esempio il Posthumous Essay on Instinct, apparso nel 1885 in Mental Evolution in Animals di George J. Romanes, e per mancanza di spazio sono stati omessi quegli scritti di eccessiva lunghezza che di Darwin recavano soltanto la firma.
Rivolgendoci invece al materiale incluso, è difficile non essere colpiti ancora una volta dall’ampiezza dello spettro di interessi coltivati da Darwin. Scorrendo l’indice – gli scritti sono riportati in ordine cronologico – siamo anzitutto confortati in una tesi che, per quanto possa sembrare ovvia, è stata presa in seria considerazione soltanto negli ultimi decenni – anche in virtù dei numerosi manoscritti ritrovati: Darwin nasce come ‘geologo’ e la sua formazione geologica è fondamentale per comprendere gli sviluppi della sua ricerca e del suo pensiero. Nel 1837, ad esempio, in una comunicazione alla Geological Society di Londra venivano presentate alcune Observations of proofs of recent elevation on the coast of Chili (pp. 32-35). Nel corso del viaggio quinquennale che lo aveva visto protagonista (1831-36), Darwin aveva letteralmente toccato con mano la realtà del movimento della crosta terrestre – in primis in occasione del terribile terremoto che colpì Concepción il 20 febbraio del 1835, e di cui egli fu testimone. In quella comunicazione erano in particolare descritti dei resti di animali marini rinvenuti in zone irraggiungibili dalla marea: la conclusione che Darwin ne traeva era che la costa del Cile si stesse lentamente sollevando. Evidenze di sollevamento e abbassamento erano invece presenti nell’Oceano Pacifico e in quello Indiano, e furono l’oggetto di un’altra comunicazione alla Geological Society dal titolo On certain areas of elevation and subsidence in the Pacific and the Indian oceans, as deduced from the study of coral formation (pp. 37-39), in cui Darwin presentava alcune osservazioni sui coralli del pacifico che sarebbero poi culminate con la teoria della formazione degli atolli corallini, oggetto della sua prima monografia – The Structure and Distribution of Coral Reefs (1842). Furono osservazioni di questo tipo a fare di Darwin un degno discepolo di Charles Lyell, dal quale apprese la lezione attualista e uniformista trasferendola al mondo degli esseri viventi e facendone uno dei pilastri su cui edificare la teoria della discendenza comune delle specie. In particolare, l’insegnamento che non lo abbandonò mai e che ritroviamo perfino nell’ultimo degli scritti a stampa – il saggio sui vermi – è l’idea che cause operanti in modo lento e graduale possano col tempo produrre risultati di enorme portata, modificando drasticamente il volto della natura.
Interessante in tal proposito il breve scritto dal titolo postumo di Notes on Rhea americana and Rhea darwinii (pp. 31-32). Sappiamo dai taccuini (RN 127) che l’osservazione di queste due specie di nandù, occupanti regioni limitrofe del Sud America, costituì uno dei primi spunti su cui Darwin cominciò a intessere la propria teoria, sulla base dell’intuizione che la vicinanza geografica di tali specie potesse essere dovuta a una recente divisione della linea genealogica. Simili relazioni di successione erano testimoniate anche dai resti fossili, raccolti da Darwin stesso nel corso del viaggio, per i quali aveva ritenuto opportuno ascoltare il parere di un’autorità come Richard Owen.
Le prime prove a favore della mutabilità delle specie erano dunque dovute alla scoperta di relazioni spaziali e temporali non casuali tra gli organismi. È il caso ad esempio dei cirripedi, «piccoli mostri deformi» parenti dei granchi, che occuparono la mente di Darwin negli anni ’40, fino alla pubblicazione di una monografia in due volumi (1851-54). Proprio in merito a questi animaletti Darwin già nel ’50 era in grado di affermare «the close affinities between the extinct and the living forms» (p. 241).
Il legame tra evoluzione e distribuzione geografica induce Darwin, nel corso degli anni ’50, a indagare le modalità di diffusione dei semi delle piante, «in the hope of being able to throw a very little light on the distribution of plants» (p. 246). Una prima domanda concerneva l’eventualità che la capacità germinativa dei semi fosse compromessa dal contatto con l’acqua di mare. È interessante seguire i progressi dei «childish experiments» condotti da Darwin su tale questione. Il 14 aprile del ’55 scrive al Gardners’ Chronicle and Agricultural Gazette che i risultati raggiunti sino a quel momento «are too few and unimportant to be worth mentioning» (ivi). Soltanto poche settimane più tardi, il 26 maggio, comunica alla stessa rivista i tempi di resistenza all’acqua dei semi di 23 specie distinte di piante – traendo la conclusione che tale resistenza potesse favorire la diffusione di tali specie vegetali in nuove aree geografiche. Per le stesse ragioni Darwin condusse in seguito esperimenti analoghi sul trasporto dei semi negli stomaci degli uccelli.
Questi rapidi flash siano dati come assaggio, inevitabilmente incompleto, della varietà degli argomenti e dei problemi trattati da Darwin nel corso della propria vita: dallo studio dei massi erratici al movimento delle piante, dalla fecondazione dei fiori all’istinto degli uccelli, la sua curiosità e la sua attenzione non sembrano escludere alcuna disciplina. O forse è più corretto dire che Darwin, al pari di molti altri naturalisti dell’epoca, non ragionasse affatto in termini di demarcazioni disciplinari. In Darwin la geologia, la biogeografia, la zoologia, la botanica, la paleontologia, la psicologia, ecc. sembrano piuttosto compenetrarsi in un solo e unico sguardo, attraverso il quale egli cercava di abbracciare l’insieme dei fenomeni naturali nello sforzo costante di rispettarne la ricchezza, la pluralità, la complessità.
La pubblicazione della presente antologia di scritti costituisce dunque un evento editoriale da salutare con favore, in quanto fornisce uno strumento utile al fine di restituire un’immagine del naturalista più sfaccettata e in ultima analisi più fedele rispetto a qualsivoglia irrigidimento dogmatico il Novecento possa poi aver conosciuto. Prima di affrontare l’onerosa spesa occorre tuttavia tenere presente che il materiale qui pubblicato è integralmente disponibile all’indirizzo http://darwin-online.org.uk/. Dal canto suo il lettore più esigente, o magari romanticamente affezionato al cartaceo, avrà di che intrattenersi grazie all’elegante formato hardcover di questo volume.
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